Il monito che arriva da Nouriel Roubini sull’economia americana è di quelli che fanno rabbrividire. Non tanto per la previsione in sé, ma soprattutto perché l’economista è colui che aveva previsto la crisi finanziaria del 2008. Roubini ora vede una “brutta e lunga recessione” negli Stati Uniti verso la fine del 2022, destinata a durare per tutto l’anno prossimo. Come conseguenza l’indice S&P 500 potrebbe crollare del 30% o addirittura del 40% nel caso vi fosse “un vero atterraggio duro”. Il motivo di tanto pessimismo sta nel fatto che, secondo il presidente e amministratore delegato di Roubini Macro Associates, il livello di debito di molte istituzioni, famiglie, imprese, banche e governi è talmente alto che l’aumento dei tassi, e quindi del costo del debito, li farà precipitare. Al riguardo, Roubini si aspetta che stasera la Federal Reserve aumenti i tassi di 0,75 punti percentuali mentre a novembre e dicembre la stretta dovrebbe essere di 50 punti base. Ciò significa che i tassi sui Fed funds arriveranno tra il 4% e il 4,25% entro fine 2022.
“Senza un atterraggio duro sarà una missione impossibile per la Fed riportare il tasso d’inflazione all’obiettivo del 2%” ha affermato l’economista. Alla fine, il costo del denaro si dirigerà verso il 5% perché la Banca centrale statunitense “non avrà altra scelta”, ha aggiunto. A complicare la situazione della Fed si uniscono il deficit di offerta derivante dalla pandemia, la guerra Russia-Ucraina e la politica Covid free della Cina, che porteranno a “costi più elevati, a una minore crescita economica e all’aumento della disoccupazione”.
USA: cosa significa una recessione e dove investire secondo Nouriel Roubini
Come reagiranno le istituzioni davanti a una crisi di questa portata? Roubini pensa che i governi con troppo debito non potranno più effettuare operazioni di stimolo fiscale perché ciò non farebbe altro che surriscaldare la domanda aggregata alimentando ancora di più l’inflazione. La conseguenza sarà una stagflazione in stile anni ’70. Roubini fa anche un parallelo con quanto successe nel 2008. “Allora furono le famiglie e le banche a subire il colpo più duro. Oggi invece a implodere saranno le società, gli hedge fund, il private equity e i fondi di credito”, ha affermato.
Di fronte al pericolo in corso, il consiglio del grande economista per gli investitori è quello di diminuire il peso delle azioni e detenere più denaro liquido. “La liquidità verrà erosa dall’inflazione ma almeno il suo valore nominale rimane a zero. Viceversa, azioni e altre attività possono scendere del 10%, 20%, 30%“, ha detto. Sull’obbligazionario, Roubini suggerisce di stare alla larga dai bond con scadenze lunghe, preferendo il reddito fisso di breve durata o quello indicizzato all’inflazione.