Azioni russe: ecco chi sono i colossi diventati penny stock

Azioni russe: ecco chi sono i colossi diventati penny stock

Azioni russe: ecco le grandi società che hanno perso quasi interamente il loro valore

Le azioni russe stanno subendo una vera ecatombe nelle Borse di tutto il mondo, a causa delle sanzioni imposte dall’Occidente alla Russia. Alcune società che fino a poco tempo fa avevano una capitalizzazione di oltre 100 miliardi di dollari, adesso si sono ritrovate a quotare come le penny stock, ossia azioni che hanno un valore inferiore a 5 dollari. La Borsa di Mosca è chiusa ormai da parecchi giorni, mentre altrove i principali indici mondiali stanno eliminando dal paniere i titoli azionari russi.

Stamane è arrivata la comunicazione da parte di MSCI e FTSE Russell di estromissione dai rispettivi indici nei prossimi giorni, mentre altri come S&P 500 e Dow Jones stanno effettuando consultazioni interne per decidere se seguire o meno la stessa strada. Il cammino però ormai è tracciato, nell’ambito di un crescendo di sanzioni legato a una guerra Russia-Ucraina che dà pochi cenni di un cessate il fuoco. I negoziati finora tra le 2 Nazioni non hanno portato a risvolti positivi e l’incontro diplomatico di oggi è vissuto in un clima generale di pessimismo e diffidenza reciproca.

 

Azioni russe: la caduta degli Dei

Ma chi sono le principali società russe cadute sotto i colpi delle vendite nei mercati borsistici e che hanno perso quasi interamente il loro valore? Innanzitutto vi è una delle più grandi banche della Nazione, la Sberbank. Da metà febbraio le azioni scambiate nella Piazza di Londra sono letteralmente naufragate, perdendo il 99% a un centesimo di dollaro. A dicembre l’istituto finanziario aveva un patrimonio di 500 miliardi di dollari, con una capitalizzazione di 102 miliardi di dollari solo 6 mesi fa. Adesso il suo valore di mercato è inferiore a 190 milioni di dollari, dopo che la divisione austriaca è andata in default perché non in grado di far fronte al pagamento dei debiti in scadenza.

Sberbank è stata risparmiata dalla lista delle 7 banche escluse da SWIFT rilasciata dall’Unione Europea, ma è stata colpita da sanzioni dirette provenienti dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna. L’unità austriaca non poteva essere salvata dalla casa madre di Mosca per via del blocco delle transazioni finanziarie e nemmeno attraverso l’intervento della Banca di Russia per effetto del congelamento dei fondi.

Il settore bancario è stato quello finora più penalizzato dalle sanzioni, perché fornisce appoggio ai piani militari del Cremlino e fa funzionare tutta l’economia russa, però anche quelle energetico è oggetto di attenzione prioritaria, per l’importanza che ha la Russia nella fornitura delle materie prime. Così nelle ultime 2 settimane vi è stato il tracollo del gigante petrolifero Rosneft, con una perdita del 90%, passando da una capitalizzazione di 140 miliardi di dollari a settembre a una odierna di 9 miliardi. Ancora peggio ha fatto Lukoil, le cui azioni sono sprofondate del 99,7% nello stesso lasso di tempo, arrivando a 25 centesimi di dollari nelle negoziazioni londinesi. Anche Lukoil 6 mesi fa aveva un valore di mercato di 140 miliardi di dollari, che oggi si è ridotto a 293 milioni.

Un vero incubo è vissuto anche dal colosso statale del gas naturale Gazprom, precipitato in Borsa del 99,8% da metà del mese di febbraio a quota 2 centesimi di dollari. A scatenare la furia ribassista nei confronti delle azioni del produttore di combustibile l’interruzione delle partnership di società energetiche del calibro di Shell e British Petroleum. Oltre alla possibilità sempre più concreta che la Russia chiuda i rubinetti della fornitura di gas all’Occidente in segno di ritorsione, o ancora peggio che sia lo stesso Occidente a sanzionare Mosca proprio sotto il profilo energetico.

Stesso destino per le azioni Novatek, altro grande produttore di gas naturale con sede a Tarko-Sale. Il crollo del titolo è stato del 99,8% a 60 centesimi di dollaro. Insieme Gazprom e Novatek valevano circa 178 miliardi di dollari a settembre 2021, adesso la loro capitalizzazione combinata non arriva a 3 miliardi di dollari.

Nel settore siderurgico da segnalare la compagnia britannica Evraz, con attività primarie in Russia e Ucraina, sostenuta da azionisti come il proprietario del Chelsea Roman Abramovich. Le azioni Evraz nell’ultimo mese hanno perso oltre l’87%. Mentre l’estrattore di oro anglo-russo Polymetal International ha visto le quotazioni azionarie soppiantate da un’ondata di vendite che le hanno spinte a un calo di circa il 77%. Il problema della società è che i suoi principali clienti sono banche russe che vendono l’oro sui mercati internazionali, ma con i blocchi delle transazioni gli investitori sono in fuga.

 

 

AUTORE

Johnny Zotti

Johnny Zotti

Laureato in economia, con specializzazione in finanza. Appassionato di mercati finanziari, svolge la professione di trader dal 2009 investendo su tutti gli strumenti finanziari. Scrive quotidianamente articoli di economia, politica e finanza.

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