Dazi: il vero peso economico e politico tra apparenza e realtà - Borsa&Finanza

Dazi: il vero peso economico e politico tra apparenza e realtà

Trump mostra il decreto con cui ha applicato i dazi nel giorno della Liberazione

Quando Donald Trump decide di applicare un nuovo dazio su una merce o su un Paese i mercati tremano, i politici dei Paesi coinvolti si affannano a calcolare le conseguenze sulle loro economie e i giornali gridano alla catastrofe economica. Michael Talbot, specialista del reddito fisso di M&G Investments, si è chiesto quale sia l’entità dell’arrosto che si nasconde dietro a tutto questo fumo. Lo ha fatto in un rapporto nel quale ha preso in considerazione i due estremi, finora, dei dazi distribuiti da Donald Trump, il 50% sulle importazioni dal Brasile e il 20% di quelle dal Vietnam.

“Il mio obiettivo – dice Talbot – è mostrare come i dati principali possano essere fuorvianti, mettendo in evidenza le differenze tra due Paesi. A un’analisi superficiale basata solo sui dati principali si potrebbe concludere che l’economia brasiliana sarà colpita più duramente di quella vietnamita. Tuttavia, un’analisi più approfondita dei dettagli e delle motivazioni alla base di queste tariffe rivela un quadro completamente diverso”.

 

In questo articolo: 

 

  • Dazi economici e dazi politici
  • La realtà dietro i numeri
  • Le reazioni dei mercati diventano più comprensibili

 

Dazi economici e dazi politici

Si è portati a considerare i dazi come una misura economica di protezionismo mentre sul fronte politico lo strumento più comune sono state finora le sanzioni. Tuttavia, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha fatto ampio uso dei dazi come arma di pressione politica. Quanto accaduto al Brasile ne è un chiaro esempio.

“Quando Trump ha introdotto per la prima volta i dazi in occasione del Liberation Day, la logica era semplice, anche se leggermente fuorviante: colpire i paesi con grandi surplus commerciali nei confronti del proprio Paese” spiega Talbot. Il Brasile fu colpito da un dazio del 10%, visto che il Paese esporta verso gli Usa appena il 10% del totale del suo export. Il Vietnam, invece, ricevette una tariffa del 44%. Il rapporto commerciale di quest’ultima nazione con gli Stati Uniti è molto più forte. Esporta il 30% delle sue merci verso gli Usa.

Fin qui i dazi economici. Tuttavia, nota Talbot “a soli quattro mesi dal Liberation Day, la situazione è molto diversa”. I dazi sono passati dall’essere uno strumento economico al rappresentare uno strumento di pressione politica. “Brasile e India – prosegue lo specialista in reddito fisso – si distinguono per aver ricevuto un incremento dei dazi”. Il Brasile ora è sottoposto a una tariffa del 50%, giustificata (secondo Trump) dall’incriminazione dell’ex presidente Jair Bolsonaro per il tentato colpo di Stato per ribaltare le elezioni del 2022, uno scenario non troppo dissimile da quello visto in occasione del tramonto della prima amministrazione Trump.

 

Il grafico, a barre verticali verde chiaro e celeste su sfondo verde scuro, mostra come sono variati i dazi imposti dall'amministrazione Trump dal giorno della liberazione
Dazi: come sono variati. Liberation Day (verde), 12 agosto 2025 (celeste) – Fonte: bondvigilantes.com

 

La realtà dietro i numeri

Per il manager di M&G parlare solo di percentuali non ha senso. Bisogna andare a vedere l’impatto effettivo sull’economia dei Paesi. La prospettiva, rispetto al punto di partenza che vedrebbe il Brasile più penalizzato del Vietnam potrebbe uscirne completamente ribaltata.
Talbot riprende il computo delle esportazioni verso gli Stati Uniti, che per il Brasile rappresentano solo il 10% del totale, per il Vietnam arrivano al 30%. C’è di più. “la maggior parte delle esportazioni brasiliane di alto valore verso gli Stati Uniti, come i prodotti energetici, gli aeromobili e i materiali industriali, si confermano al 10% poiché esenti dal dazio elevato. L’aliquota del 50% colpisce principalmente i prodotti agricoli come il caffè e la carne bovina, che, sebbene simbolici, rappresentano una quota minore del portafoglio commerciale complessivo del Brasile”.

Per contro il Vietnam è molto più esposto in quanto i dazi colpiscono principalmente i settori dell’elettronica, dei tessili e dell’arredamento. “Anche a seguito del recente accordo commerciale che ha fissato un tetto massimo del 20% ai dazi (in calo rispetto al 44% inizialmente previsto), l’impatto è significativo perché l’economia vietnamita dipende fortemente dalla domanda statunitense” aggiunge Talbot, specificando che dal 2018 il surplus di bilancia commerciale del Vietnam verso gli Usa è salito vertiginosamente.

 

Le reazioni dei mercati diventano più comprensibili

Interpretare bene cosa sta accadendo al di là della percentuale strillata da Trump è fondamentale per capire come reagiscono i mercati finanziari. “Il costo dell’assicurazione sul debito vietnamita e brasiliano è diminuito dall’inizio dell’anno, ma in misura maggiore per il Brasile. Nello stesso periodo, il real brasiliano si è rafforzato rispetto al dollaro di circa il 14,5%, mentre il dong vietnamita si è indebolito di circa il 3%” illustra lo specialista nel reddito fisso.

Stante la percentuale di dazi, questi movimenti non potrebbero essere spiegati. “I mercati sono un buon barometro dello stress e se ci fossero timori reali per l’economia brasiliana dopo l’aumento dei dazi, potremmo aspettarci di vedere queste paure riflesse nei prezzi dei cambi o del credito… ma non è così. Il forte aumento dei dazi in Brasile è più un segnale politico che una punizione economica, mentre l’onere apparentemente più leggero per il Vietnam comporta conseguenze molto più pesanti a causa della propria dipendenza strutturale dal commercio con gli Stati Uniti”.

 

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