L’escalation delle tensioni che vi è in questo momento storico tra Russia-Ucraina agita in particolar modo i mercati legati al mondo delle materie prime, alcune delle quali sono nel pieno di un rally che a tratti sembra inarrestabile. Ogni qualvolta che la situazione sembra rasserenarsi infatti si determina un ritracciamento anche generoso delle quotazioni, ma quando come oggi il clima si inasprisce ecco che tornano corposi gli acquisti.
Un esempio emblematico lo si ha ad esempio nel mercato del petrolio, con i prezzi scesi verso i 90 dollari al barile nelle prime ore di contrattazione della settimana, in scia alla notizia giunta ieri dalla Francia che ci sarebbe stato un incontro tra Vladmir Putin e Joe Baden per tentare di dipanare la situazione nei Balcani ed evitare una guerra. Il greggio ha ripreso a correre allorché è arrivata stamane la smentita da parte del portavoce del Cremlino. Ancora più evidente la cosa per quanto concerne il gas naturale, oggi salito di oltre il 7%.
Russia-Ucraina: ecco l’impatto sulle materie prime
Alcune materie prime sono più coinvolte di altre sotto il profilo dell’impatto che il clima generale instauratosi tra Russia e Ucraina può avere sui mercati. In particolare sono 4 le commodity che potrebbero essere impattate maggiormente dallo scontro Russia-Ucraina, vediamole insieme.
Alluminio
La Russia ha prodotto circa 3,7 milioni di tonnellate di alluminio nel 2021, in una produzione mondiale che si è aggirata intorno ai 68 milioni di tonnellate. Mosca non è al livello della Cina che detiene il primato con 39 milioni di tonnellate, ma esporta moltissimo in tutto il mondo. La crisi al confine dell’Ucraina rischia di frenare l’offerta e infatti i prezzi dell’alluminio sono aumentati quest’anno di circa il 15%, con le azioni di alcune grandi aziende del settore che hanno realizzato ottimi guadagni quest’anno. Ad esempio Alcoa ha fatto il 31% nel 2022, a fronte di un calo dell’indice S&P 500 dell’8% circa.
Petrolio
La Russia è un peso massimo dell’OPEC+, pompando circa 9 milioni di barili di petrolio al giorno. Nel 2020 si rese protagonista di una guerra fratricida con l’Arabia Saudita, altro big del cartello, determinando uno shock che spinse il prezzo dei futures del greggio in territorio negativo per la prima volta nella storia. Questo fa capire l’importanza del Paese nel contesto geopolitico della materia prima. La Russia detiene l’11,5% della produzione giornaliera globale e le tensioni Russia-Ucraina hanno contribuito in maniera determinante al rally del petrolio, salito del 20% quest’anno e che si dirige ormai inesorabilmente verso i 100 dollari al barile.
Gas naturale
Il gas naturale è la materia prima forse più attenzionata in Europa in questo momento, perché la Regione dipende in maniera decisiva dalle forniture russe. La paura che in caso di guerra Putin chiuda i rubinetti ha determinato una volatilità estrema dei prezzi del gas, in calo del 26% da inizio anno, ma in aumento del 125% negli ultimi 6 mesi. Nel 2021 la Russia ha prodotto circa 639 miliardi di metri cubi in un totale mondiale di 3.854 miliardi.
Il Vecchio Continente sta cercando attualmente fonti alternative per tentare di soddisfare senza patemi il proprio fabbisogno nel caso le cose si mettessero male. Finora le forniture da Stati Uniti, Algeria e Azerbaigian ad esempio non sono sufficienti, così come non abbastanza risulta essere l’apporto delle energie rinnovabili. Tutto ciò fa pensare che le quotazioni del gas naturale sarebbero destinate a un ulteriore rally.
Grano
Sia Russia che Ucraina esercitano una presenza importante nella produzione complessiva del grano che supera i 775 milioni all’anno. Mosca produce circa 80 milioni di tonnellate all’anno della materia prima, mentre Kiev arriva a circa 33 milioni di tonnellate. Gli Stati Uniti coltivano dalle 40 alle 50 milioni di tonnellate, una quantità inferiore rispetto ai russi, sebbene abbiano una forza straordinaria in altre colture tipo mais e soia, particolarmente utilizzate in Cina. Dal 1° gennaio del 2022 i prezzi del grano sono cresciuti di circa il 3% e sono aumentati del 20% se si estende l’orizzonte temporale agli ultimi 12 mesi.