All’inizio del 2023 era praticamente impossibile trovare, tra gli strateghi di Wall Street, chi prefigurasse l’arrivo di una crisi bancaria. In molti scommettevano su una prima parte dell’anno difficile per i mercati azionari, con un’inflazione molto ostica e una Federal Reserve intenzionata a tenere alti i tassi d’interesse. Tuttavia, la tempesta che si è abbattuta sui mercati con il crack di tre banche americane (Silvergate Capital, Silicon Valley Bank e Signature Bank) e il default di Credit Suisse, era un qualcosa che non trovava posto nemmeno nella più fervida fantasia degli operatori di mercato.
Anzi, in un contesto previsto difficile, gli strategist nel complesso vedevano di buon occhio le banche, che avrebbero tratto beneficio dall’aumento dei tassi d’interesse da parte della Fed. Ora però, la Banca centrale americana ha cambiato decisamente le sue valutazioni e si trova a dover cercare un equilibrio nella sua politica monetaria. In pratica dovrà decidere se continuare ad alzare i tassi d’interesse rischiando di far sprofondare l’America in una recessione o essere più accomodante, correndo il pericolo di alimentare nuovamente l’inflazione.
Wall Street: le stime degli strateghi con la crisi bancaria
Adesso le valutazioni degli strateghi sono mutate, perché tengono in considerazione il peso rilevante della crisi finanziaria sulla fiducia complessiva del settore del credito. Sharon Bell di Goldman Sachs si è detta sorpresa di come la debolezza si sia manifestata in relazione al comparto bancario: “Abbiamo ritenuto che con i tassi in aumento così velocemente il mercato statunitense fosse vulnerabile. Ma una cosa è dire vulnerabile e un’altra individuare effettivamente i problemi che possono verificarsi e questo è molto, molto difficile”.
Secondo Michael Wilson di Morgan Stanley, l’S&P 500 si sta indirizzando verso un “percorso volatile nel primo semestre, in quanto le stime sugli utili iniziano a diminuire“. A suo giudizio le azioni potrebbero andare incontro a forti perdite. Il team di JP Morgan ritiene che “il primo trimestre rappresenterà il punto più alto per le azioni”. Marko Kolanovic, uno degli strateghi più rappresentativi della banca d’affari, ha scritto in una nota recente che “i fallimenti bancari, le turbolenze dei mercati e l’incertezza economica in corso hanno aumentato le possibilità della fine di un boom che incoraggia gli investitori ad assumersi troppi rischi”.
A unirsi al coro dei ribassisti sulle azioni vi è anche Manish Kabra, stratega di Société Générale. “Continuerò a venderle fino a quando la curva dei rendimenti non sarà saldamente positiva”, ha detto. Vi sono però anche alcuni ottimisti che, nonostante le turbolenze bancarie, vedono ancora crescere le azioni in Borsa. Uno di questi è Binky Chadha, chief US equity strategist di Deutsche Bank AG, che mantiene l’obiettivo di fine anno per l’S&P 500 a 4.500 punti, quindi con un rialzo di circa il 10% dalle quotazioni attuali. Questo sebbene il percorso per raggiungere l’obiettivo sia ora più graduale.