Romagnolo di origine, visionario e caparbio, Serafino Ferruzzi ha lasciato un segno indelebile nell’industria agroalimentare italiana del secolo scorso. Ciò che ha costruito, però, ha avuto una continuazione non proprio esemplare dopo la sua morte, con le sue aziende e i personaggi a cui aveva dato fiducia coinvolti in alcune vicende che hanno scosso la storia del capitalismo e della finanza italiani. In questo articolo:
- Serafino Ferruzzi: origini e formazione
- La nascita e lo sviluppo del gruppo Ferruzzi
- Serafino Ferruzzi: la malattia e la tragica scomparsa
- Dopo la morte
Serafino Ferruzzi: origini e formazione
Serafino Ferruzzi nacque a Ravenna il 19 marzo 1908 da padre agricoltore che svolgeva anche una modesta attività artigianale nella produzione di cesti di giunco. Ottenuto il diploma di perito agrario nel 1927, iniziò a lavorare nella tenuta agricola dei marchesi Cavalli. Nel 1932 iniziò una propria attività commerciale assumendo la rappresentanza per la sua regione della vendita di fertilizzanti chimici e antiparassitari prodotti dalla Montecatini, che sarebbe diventata Montedison dopo la fusione negli anni ’80 con Edison. In quel periodo iniziò a frequentare la Borsa merci di Bologna, mentre si iscrisse alla facoltà di Agraria laureandosi nel 1942. Terminata la seconda guerra mondiale, acquistò insieme a due soci una vasta proprietà boschiva sita nell’Appennino tosco-romagnolo a prezzi molto convenienti. L’obiettivo era quello di distribuire il legname alle imprese di costruzione.
La nascita e lo sviluppo del gruppo Ferruzzi
Con i suoi due soci, Serafino Ferruzzi decise di dare una sterzata al suo business e fondò la Ferruzzi & C., società specializzata nell’attività delle materie prime cerealicole come grano e orzo. I prodotti venivano usati sia per scopo alimentare che zootecnico. Ben presto l’azienda cominciò a importare anche mais dai Paesi dell’Est Europa, soprattutto Unione Sovietica e Romania. Per oltre un decennio, l’attività di trading crebbe in maniera sostenuta e Serafino Ferruzzi si guadagnò una grande credibilità e reputazione anche nel mondo bancario.
Contestualmente, la frequentazione dei grandi mercati europei gli permise di acquisire nuove competenze. La sua preoccupazione diventò a quel punto risolvere i problemi relativi allo stoccaggio e al trasporto delle derrate agricole in modo da coprire tutta la filiera commerciale. La svolta avvenne nel 1956, quando recatosi in Argentina e negli Stati Uniti, colse l’importanza di sviluppare adeguate infrastrutture portuali, dei silos per lo stoccaggio e del trasporto per l’ottimizzazione della distribuzione dei prodotti. Allora i due Paesi erano i principali fornitori di prodotti cerealicoli dell’Europa. Da quel momento la Ferruzzi & C. non era più soltanto una società di trading delle materie prime ma anche un’impresa agroindustriale.
Nel 1957 l’azienda costruì il primo silo sul porto di Ravenna, per poi fare lo stesso nei principali scali italiani. In poco tempo, Ferruzzi riuscì a formare la prima rete di immagazzinaggio e smistamento di beni cerealicoli in Italia acquistando le materie prime sia in territorio nazionale che nei vari Paesi del mondo. In quegli anni, Ferruzzi ebbe anche un’altra trovata geniale. Noleggiò navi per carichi da 20 mila tonnellate per il trasporto dall’Argentina e dagli Usa, ma il porto di Ravenna non era in grado di accogliere grandi navigli a causa del basso fondale. Così l’imprenditore ravennate si organizzò utilizzando un’imbarcazione fluviale per lo sbarco/imbarco dei cereali dalle grandi navi alla fonda. Si trattava di una modalità di operare innovativa che spiazzò letteralmente la concorrenza. Nel 1967, nel porto di Ravenna furono completati i lavori per nuove banchine e il dragaggio del fondale sabbioso in modo da permettere l’attracco di navi con carichi di oltre 50 mila tonnellate. Alla fine degli anni ’60, Ferruzzi & C. era diventato il riferimento delle “Cinque Sorelle” dei cereali, in particolare Cargill e Continental Grain.
Ferruzzi & Co. non era una società operante solo nel settore agroindustriale, ma anche in quello industriale tout court. Nel 1955 decise di entrare nel settore del cemento, costituendo la società Cementi Ravenna. Quest’ultima acquisì nel 1964 il 50% della società Calcestruzzi, che negli anni diventò la più grande azienda al mondo nel settore del calcestruzzo. Negli anni ’70 arrivò una valanga di acquisizioni, tra cui il 27% di Unicem del gruppo Fiat, che all’epoca era il secondo produttore italiano di cemento. Poco prima aveva acquisito la società Santa Rita, il più importante gruppo cementiero di San Paolo del Brasile.
Serafino Ferruzzi: la malattia e la tragica scomparsa
Proprio mentre la scalata verso vette sempre più alte sembrava inarrestabile, Serafino Ferruzzi si ammalò di un tumore alla gola che lo costrinse al riposo forzato. Prima della diagnosi stava valutando di diventare azionista importante della Banca nazionale dell’agricoltura, che gli avrebbe dato lustro anche in ambito finanziario. Guarito dalla malattia, nel 1979 si dedicò al consolidamento del gruppo. Quell’anno però avvennero profondi cambiamenti nel mondo del commercio cerealicolo internazionale. Le attività si ridussero sia per i progressi dell’agricoltura europea, sia per gli effetti impressi dalla crisi petrolifera.
Così Ferruzzi decise di diversificare ulteriormente il business acquisendo Eridania, il principale produttore di zucchero in Italia. Fu una mossa importante perché Eridania, quotata alla Borsa di Milano, diede a Ferruzzi le chiavi di accesso nell’alta finanza. Poco dopo, il presidente di Assicurazioni Generali chiese al magnate romagnolo di diventare socio ed entrare nel Consiglio di amministrazione della compagnia. Non ne ebbe il tempo. Il 10 dicembre 1979 a bordo del suo jet, Ferruzzi si schiantò contro un edificio nei pressi dell’aeroporto di Forlì durante la fase di atterraggio a causa della scarsa visibilità.
Dopo la morte
La morte di Serafino Ferruzzi lasciò strascichi che sconfinarono in vicende poco edificanti, intrise di tradimenti, colpi bassi, giochi di potere, oscuri compromessi e processi giudiziari. Il gruppo Ferruzzi venne valutato 800 miliardi di lire e l’eredita fu raccolta dai suoi quattro figli: Arturo, Idina, Franca e Alessandra. Le partecipazioni della società furono così distribuite: 31% ad Arturo e 23% ciascuno a Idina, Franca e Alessandra. Sullo sfondo la presenza di Raul Gardini, marito di Idina, ma soprattutto alla guida del gruppo. Sotto la gestione di Gardini l’azienda accumulò debiti e nel 1993, travolta da un indebitamento insostenibile e da questioni giudiziarie legate alla “tangente Enimont”, passò nelle mani di Mediobanca e gli eredi Ferruzzi vennero definitivamente estromessi dalla gestione del gruppo.