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Aziende italiane: a rischio sostenibilità in dieci anni

Due operai sono al lavoro all'interno di un capannone industriale illuminato da una finestra ampia sullo sfondo. Stanno controllando dei bidoni contenenti olio di oliva

Gli amministratori delegati delle aziende italiane sono ottimisti sul 2025 ma vedono dei rischi di sostenibilità nei prossimi dieci anni. L’allarme risuona tra le righe delle risposte alla 28° edizione dell’Annual Global CEO Survey di PwC appena presentato a Davos, che ha coinvolto 4.701 amministratori delegati di 109 nazioni dei quali 122 italiani. Il rischio principale, individuato dai capi azienda, è la tecnologia, che impone di ridisegnare i modelli di business. Su questo fronte l’Italia si trova già a inseguire.

 

In questo articolo:

  • Economia: Italia meglio di Francia e Germania
  • Aziende italiane pronte ad assumere
  • Dieci anni per cambiare o la sostenibilità è a rischio
  • Aziende italiane: in attesa dell’intelligenza artificiale

 

Economia: Italia meglio di Francia e Germania

Il sondaggio di PwC è stato condotto tra il 1° ottobre e l’8 novembre 2024. Gli amministratori delegati delle aziende italiane si sono espressi in modo positivo sulle aspettative di crescita per l’anno in corso. Il 64% dei rispondenti prevede che la crescita economica mondiale aumenterà nei prossimi 12 mesi (erano il 43% nel 2024 e il 27% due anni fa).

Anche sul Belpaese le opinioni sono positive, anche se filtra un livello di fiducia più moderato. Il 43% degli a.d. italiani pensa che la crescita economica del 2025 sarà positiva, una quota decisamente più elevata rispetto al 16% dei capi azienda tedeschi (sulle prospettive dell’economia tedesca) e al 24% dei francesi. Più ottimisti, sulle rispettive economie si sono dimostrati gli amministratori delegati del Regno Unito (61%), della Spagna (72%) e degli Stati Uniti (66%).

 

Aziende italiane pronte ad assumere

Le aziende italiane dovrebbero aumentare il fatturato nei prossimi 12 mesi, secondo il 64% degli amministratori delegati che ha risposto al sondaggio. A livello globale si registra un ottimismo maggiore, al 74%. Ciò si riflette sulle prospettive occupazionali con il 45% degli a.d. italiani che prevede di incrementare il numero di dipendenti nell’anno in corso contro il 9% che potrebbe invece effettuare dei tagli.

Ai capi azienda italiani è stato chiesto anche quanto si percepissero in vantaggio o meno rispetto ai propri concorrenti europei su diversi aspetti che definiscono la competitività sul mercato delle aziende. Gli aspetti di maggior vantaggio competitivo sono:

 

  • la cultura organizzativa flessibile, aperta e orientata al cambiamento (58%);
  • la proattività verso la ricerca e l’innovazione (55%);
  • l’abilità nel promuovere il marchio aziendale (44%).

 

Gli a.d. dichiarano invece di essere in svantaggio sulla tassazione (46%), sulla trasformazione digitale all’interno dell’azienda e sulla capacità di entrare in nuovi mercati.

Il grafico a barre verticali mostra le risposte degli amministratori delegati delle aziende italiane alla domanda che chiedeva di identificare i maggiori vantaggi e svantaggi. La tassazione è un chiaro deficit per le imprese del Belpaese
I vantaggi e gli svantaggi delle aziende italiane secondo gli amministratori delegati – Fonte: Annual Global CEO Survey di PwC

 

A livello globale, sebbene la maggior parte dei chief executive officer sia ottimista sull’andamento dell’economia, la volatilità macroeconomica (29%) e l’inflazione (27%) vengono indicati come principali rischi con chiare differenze nei rispettivi territori. Il conflitto geopolitico è visto come il rischio maggiore in Medio Oriente (41%) e nell’Europa centrale e orientale (34%). Nell’Europa occidentale, i rischi informatici (27%) preoccupano maggiormente della mancanza di personale qualificato (25%) e dell’inflazione (24%), con al primo posto la volatilità macroeconomica (29%). L’inflazione è la preoccupazione principale in Africa (39%), mentre il Nord America e l’Asia-Pacifico danno priorità ai rischi in linea con le medie globali.

Dieci anni per cambiare o la sostenibilità è a rischio

In linea con il sondaggio dello scorso anno più della metà (56%) degli amministratori delegati italiani ritiene che, con il percorso attuale, la propria azienda non sarà più economicamente sostenibile entro dieci anni.

Chi ritiene che il proprio modello di business sia sulla giusta strada per mantenersi in vita oltre i prossimi 10 anni individua nell’evoluzione tecnologica il fattore chiave per lo sviluppo aziendale. La difficoltà nell’implementazione del cambiamento tecnologico emerge allo stesso tempo come seconda causa di insostenibilità del business nel medio-lungo periodo per le aziende italiane.

Benché gli a.d. siano consapevoli del potenziale che l’investimento in tecnologie innovative ha per il futuro e la sostenibilità del business, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle realtà aziendali italiane è lontana dall’essere compiuta (solo il 5% delle imprese con 10 o più addetti utilizza tecnologie basate sull’IA, contro una media europea dell’8%).

Al primo posto tra le minacce (35% Italia) c’è la mancanza di competenze chiave del personale, a cui si sente particolarmente esposto più di un terzo delle aziende italiane (vs 23% global). Lo skill gap in Italia preoccupa più della volatilità macroeconomica e dell’inflazione. Questo fenomeno riguarda soprattutto settori emergenti come l’intelligenza artificiale e la sicurezza cibernetica.

La capacità di colmare il ritardo nelle competenze non è solo una questione strategica, ma una condizione indispensabile per rispondere alle sfide del presente e garantire la competitività nel futuro. Il 69% dei 122 partecipanti italiani al sondaggio riferisce di aver intrapreso almeno un’azione significativa per cambiare il modo in cui la propria azienda crea, distribuisce e cattura valore (vs. 63% a livello globale). Le azioni più comuni sono lo sviluppo di prodotti o servizi innovativi e i cambiamenti per raggiungere nuovi gruppi di clienti. Tuttavia, il ritmo di ridefinizione del modello di business per le aziende italiane rimane lento e la maggior parte delle aziende manca di agilità. Circa il 60% degli a.d. italiani afferma di riassegnare il 10% o meno delle risorse umane di anno in anno (vs 55% global), e il 54% di riallocare le risorse finanziarie (vs. 47% a livello globale) al cambiamento e all’innovazione.

Il grafico, a barre orizzontali, mostra le principali minacce percepite dagli amministratori delegati delle aziende italiane: in prima posizione, con il 35% delle risposte, è la difficoltà di trovare lavoratori con competenze adeguate
Le minacce percepite dagli a.d. delle aziende italiane per il 2025 – Fonte: Annual Global CEO Survey di PwC

 

Aziende italiane: in attesa dell’intelligenza artificiale

Il 60% degli amministratori delegati italiani si aspetta che la Gen AI aumenti la redditività della propria azienda nei prossimi 12. Nettamente al di sotto della media globale è la percentuale che dichiara di non fidarsi dell’integrazione dell’intelligenza artificiale nei processi della propria azienda (1,6% vs. 5%). Solo l’anno scorso, la percentuale di capi azienda che vedeva nell’IA un fattore di aumento del rischio in termini di sicurezza era il 19%.

Solamente l’11% degli intervistati ha registrato negli ultimi 12 mesi una riduzione dell’organico nella propria impresa, a fronte di una grande maggioranza (65%) che afferma di non aver sperimentato alcun cambiamento e del 18% che riporta un’espansione.

AUTORE

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Alessandro Piu

Giornalista, scrive di economia, finanza e risparmio dal 2004. Laureato in economia, ha lavorato dapprima per il sito Spystocks.com, poi per i portali del gruppo Brown Editore (finanza.com; finanzaonline.com; borse.it e wallstreetitalia.com). È stato caporedattore del mensile Wall Street Italia. Da giugno 2022 è entrato a far parte della redazione di Borsa&Finanza.

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