E alla fine la Russia è entrata in guerra, sconvolgendo i mercati internazionali. Vladmir Putin ha ordinato la smilitarizzazione dell’Ucraina e come era prevedibile le truppe russe hanno attaccato tutto il territorio nemico con missili, artiglieria e incursioni aerei all’alba di questa mattina. La capitale è stata presa d’assalto e il Ministero dell’Interno ucraino ha avvertito i cittadini di rifugiarsi.
Poco prima dell’offensiva, il Premier russo aveva fatto un discorso televisivo alla Nazione nel quale affermava di non voler occupare l’Ucraina, ma che l’azione si rendeva necessaria perché l’Alleanza atlantica ha superato le linee rosse espandendo la partecipazione alla NATO con l’eventuale presenza di Kiev. Il leader del Cremlino ha aggiunto anche che l’attacco è giustificato dalla necessità di proteggere i civili nelle Regioni separatiste dalle violenze dell’esercito ucraino, assicurando alla giustizia coloro che hanno commesso crimini sanguinosi.
Immediata la reazione del Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ritiene l’attacco non provocato e ingiustificato, con il mondo che riterrà la Russia responsabile di una guerra di portata mondiale. Le istituzioni ucraine hanno imposto la legge marziale nel Paese, con il Presidente Volodymyr Zelenskiy che ha esortato le persone a restare calmi e a non uscire di casa.
Russia entra in guerra: la reazione dei mercati
La reazione dei mercati alla guerra dichiarata di fatto da Mosca è stata dirompente, con le Borse di tutto il mondo in profondo rosso. In Asia Shangai e Tokyo hanno chiuso con perdite vicino al 2%, mentre l’apertura in Europa fa segnare un passivo sparso nell’ordine del 3%, con l’indice MOEX della Borsa russa crollato del 13%. Anche i futures americani preannunciano vendite a mani basse, con l’S&P 500 in calo di 2 punti e mezzo percentuali.
Gli effetti più importanti si stanno vedendo nel mercato delle materie prime, da cui dipenderà un pezzo di futuro prossimo dell’Europa. Qui, il petrolio raggiunge i 100 dollari al barile per la prima volta dal 2014 salendo del 6%, mentre il gas naturale con lo stesso rialzo arriva a 4,86 dollari. Si rafforzano i beni rifugio come l’oro che sfonda di netto la resistenza di 1.918 dollari e si proietta verso i 1.944 dollari con un balzo dell’1,75%. La fuga verso investimenti più sicuri ha diretto gli investitori verso i Treasury USA a 10 anni, con il rendimento che è sceso sotto l’1,90%, mentre Dollaro USA, Yen e Franco svizzero sono balzati, a scapito dell’Euro che perde terreno.
Pioggia di vendite sul Rublo che precipita al minimo storico nei confronti del Dollaro USA, per effetto di una crescita del 7,22% del cambio USD/RUB a 87. Anche sul mercato delle criptovalute un bagno di sangue, con il tracollo di Bitcoin che piomba a 35.000 dollari con una perdita quasi dell’8% ed Ethereum che affonda del 12% a 23.500 dollari.
Russia: adesso arrivano le sanzioni pesanti?
Il gioco ora si fa duro. Finora Stati Uniti, Unione Europea a Gran Bretagna avevano solamente lanciato a Mosca un avvertimento. Gli USA avevano interrotto i rapporti con 2 banche chiave per il Cremlino, VEB e Promsvyazbank, in quanto finanziano il settore della difesa e lo sviluppo economico russi, oltre a mettere in black list alcuni esponenti dell’oligarchia russa. L’UE e il Regno Unito hanno soprattutto vietato ai propri investitori di acquistare titoli di Stato emessi dal Governo russo, nonché strumenti del mercato monetario emessi dalla Banca di Russia o da enti che agiscono per suo conto. La Germania ha inoltre interrotto il processo di certificazione del Nord Stream 2.
Tutto ciò è stato un assaggio di quello che sarebbe potuto succedere qualora Putin avesse invaso l’Ucraina. Adesso con il rischio che si è materializzato, Stati Uniti ed Europa probabilmente caleranno l’artiglieria pesante e colpiranno il sistema bancario russo su larga scala, emarginandolo dai rapporti finanziari internazionali e costringendo verosimilmente la Banca di Russia a operazioni di salvataggio. Ovviamente vi saranno da aspettarsi le ritorsioni da Mosca, che comprenderanno una chiusura delle forniture di materie prime come il gas naturale, con gravi ripercussioni a livello energetico soprattutto in Europa.