La BCE ha alzato i tassi di interesse dello 0,25% ieri, come ampiamente previsto. Il saggio sui rifinanziamenti principali è ora al 4,25%, quello sui depositi al 3,75% e quello sui prestiti marginali al 4,50%. Inoltre la BCE ha deciso di portare a 0% la remunerazione sui depositi delle banche dell’eurosistema presso l’istituto centrale, una decisione che secondo gli analisti potrebbe costare fino a 6 miliardi di euro agli istituti finanziari.
Nel corso della conferenza stampa la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde ha affermato che “le prospettive a breve termine dell’attività economica si sono deteriorate” e anche i servizi “stanno perdendo slancio”. Il mercato del lavoro “rimane robusto ma si notano segnali di indebolimento”.
Con riferimento alle future scelte sui tassi di interesse la presidente della BCE ha sottolineato la dipendenza dai dati e ha lasciato aperta ogni possibilità con riguardo alla riunione di settembre, ricordando però che “l’inflazione di fondo resta alta”. I mercati hanno interpretato il messaggio in termini “dovish”, anticipando una possibile pausa a settembre e i dati sui prezzi al consumo pubblicati stamattina in Francia potrebbero favorire questa view. Il preliminare del mese di luglio sull’inflazione è rimasto infatti piatto, su base mensile, contro attese a +0,2%.
Tassi di interesse BCE, le previsioni degli asset manager
Christine Lagarde si è lasciata aperta tutte le porte con riferimento alla riunione di settembre. Anche se la probabilità di un nuovo rialzo, che potrebbe essere l’ultimo, rimane elevata, saranno i dati economici a decidere la scelta finale. A giudicare dai commenti degli analisti, divisi tra “dovish” e “hawkish”, la presidente della BCE è riuscita nell’intento di non dare indicazioni troppo nette che potessero costituire una gabbia intorno alle prossime mosse.
“Un rialzo a settembre rimane una possibilità plausibile e l’interpretazione dovish del mercato è probabilmente esagerata” esordisce Tomasz Wieladek, capoeconomista Europa di T. Rowe Price, secondo il quale le dichiarazioni di politica monetaria sono state sostanzialmente neutre per segnalare una svolta verso la piena dipendenza dai dati. “Le rilevazioni di oggi e di lunedì (prezzi al consumo eurozona, ndr) saranno fondamentali” conclude Wieladek.
Ancora meno possibilista sullo stop al rialzo dei tassi è Jack McIntyre, gestore di portafoglio di Brandywine Global del gruppo Franklin Templeton, il quale afferma che la BCE “chiaramente non ha terminato la stretta finanziaria” ma “si unisce al club delle Banche centrali che ora monitora l’impatto cumulativo della precedente stretta ed è dipendente dai dati”. Secondo McIntyre la BCE sfrutterà a pieno il tempo che la separa dalla riunione del 14 settembre per analizzare gli effetti dei rialzi effettuati finora.
Martina Daga, macroeconomista junior di AcomeA SGR sottolinea il cambiamento del termine “bring”, sostituito con “set” nel comunicato stampa di accompagnamento alla decisione sui tassi di interesse della BCE: “Lascia intuire che i tassi possano già essere a un livello sufficientemente restrittivo”. Anche Daga pone l’accento sui prossimi dati economici, dai quali dipenderà la decisione nella riunione di settembre.
Una pausa potrebbe esserci a settembre secondo Felix Feather, analista economico Europa di abrdn. Come Daga, Feather sottolinea il cambiamento nel comunicato stampa da: “I tassi non saranno più portati a livelli sufficientemente restrittivi” a “i tassi saranno fissati a livelli sufficientemente restrittivi” e la dipendenza dai dati economici. Tuttavia ritiene che proprio i dati, attesi deboli, convinceranno la BCE a fare una pausa a settembre.