Alla fine ci saranno 7 rialzi dei tassi d’interesse da parte della Fed entro il 31 dicembre di quest’anno. Lo ha deciso il Federal Open Market Committee al termine dell’incontro periodico di 2 giorni della Banca Centrale americana, con lo scopo di combattere un’inflazione che ha raggiunto il livello più alto degli ultimi 40 anni.
Si tratta del ritmo più aggressivo che mai si è visto da più di 15 anni a questa parte e inizia proprio dall’aumento dello 0,25% deciso per questo mese. 8 membri su 9 del FOMC hanno votato per il rialzo minimo, mentre il Presidente della Fed di St. Louis James Bullard ha espresso il suo dissenso rimanendo favorevole a un aumento di mezzo punto percentuale.
Era comunque dal 2018 che l’istituto monetario non imponeva una stretta sul costo del denaro e dopo la tragedia pandemica ha anzi indirizzato i tassi a zero per cercare di rilanciare un’economia moribonda. Al termine del 2022 quindi il tasso ufficiale di sconto dovrebbe arrivare al 2%, con le proiezioni che fissano il livello al 2,75% entro la fine del 2023. Se così sarà, questo sarebbe il punto più alto dalla Grande Crisi del 2008.
Fed: la ricerca della stabilità dei prezzi
L’inflazione potrebbe persistere a causa di un mercato del lavoro che sta vivendo un aumento dei salari al ritmo più veloce degli ultimi anni e in questo momento è un mercato malsano, ha dichiarato Jerome Powell nella consueta conferenza stampa a conclusione del meeting. Per questo adesso ci sarebbe la necessità di riportare l’economia alla stabilità dei prezzi, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione della Banca Centrale.
Ora l’inflazione è vista concludere l’anno al 4,1%, in netto aumento rispetto alla previsione del 2,7% di dicembre. Grazie all’incremento dei tassi, il costo della vita dovrebbe giungere al 2,6% a fine 2023 e al 2,3% al termine del 2024. Il problema del carovita, sottolinea Powell, si è ampliato con la guerra Russia-Ucraina, a seguito delle sanzioni dell’Occidente nei confronti di Mosca.
Questo perché un aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime che ne scaturisce costituisce una spirale per la crescita dei prezzi. A ciò si aggiunge anche l’effetto dei nuovi lockdown in Cina con il dilagare del Covid-19, che crea ulteriori strozzature alle catene di approvvigionamento globale.
Quanto al bilancio della Federal Reserve, il Governatore ha riferito che nella prossima riunione del 3-4 maggio l’istituto centrale potrebbe finalizzare un piano per ridurre il suo portafoglio di asset da 9.000 miliardi di dollari e renderlo attivo poco dopo. La scorsa settimana invece è terminato il programma di quantitative easing di lunga durata, che prevedeva l’acquisto di 15 miliardi di dollari mensili di titoli di Stato e mutui ipotecari.
Fed: le opinioni degli analisti
Le mosse della Fed hanno lasciato perplessi diversi analisti. Secondo molti, la paura della Banca è che l’economia americana possa finire in recessione se si fa sentire già da subito la pressione dell’aumento dei tassi d’interesse. Johan Grahn, che si occupa dei fondi negoziati in Borsa presso Allianz Investment Management, ha affermato che la Fed ha cercato di camminare sul sicuro, ma è necessario fare qualcosa di più audace per riottenere credibilità. Sulla stessa linea Diane Swonk, capo economista di Grant Thornton, che ha dichiarato come sia fantasioso da parte della Fed pensare di poter rallentare l’inflazione senza aumentare il tasso di disoccupazione, come hanno mostrato le proiezioni.
Jim Baird, Chief Investment Officer di Planta Moran Financial Advisors, sottolinea che il messaggio della Fed è chiaro, ossia continuare a stringere in risposta alla schiacciante preoccupazione sull’inflazione. A suo giudizio però il punto è: sarà sufficiente per portare la crescita dei prezzi a livelli più confortevoli in un lasso di tempo ragionevole? Baird pensa che esiste la possibilità che la Banca Centrale possa diventare più aggressiva nei prossimi mesi.
I mercati azionari comunque hanno reagito positivamente, con l’indice S&P 500 che è salito del 2,24% a fine seduta. La ragione secondo James Paulsen, Chief Investment Strategist di Leuthold Group, è che gli operatori hanno venduto la notizia, che era ampiamente scontata. Le attese erano per 7 rialzi dei tassi, sebbene non fossero pochi gli economisti che scommettevano su 5 o 6 strette al massimo. Paulsen aggiunge però che ora il dilemma è se il prezzo da pagare sarà o meno di una recessione.