Ops Mps-Mediobanca: adesioni al 13,5% ma la partita è lunga, le sfide in corso

Ops Mps-Mediobanca: adesioni al 13,5% ma la partita è lunga, tutte le sfide in corso

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Accelera l’ops di Banca Mps su Mediobanca. Con tre settimane di anticipo rispetto alla scadenza dell’ops – fissata per l’8 settembre – la banca guidata dall’a.d. Luigi Lovaglio a cavallo del ferragosto ha raccoltooltre 111,7 milioni di azioni di Mediobanca, pari a circa il 13,5% del capitale. Uno sprint rilevante e anche un po’ sorprendente, considerando che prima della metà del mese le adesioni erano praticamente nulle. 

 

In questo articolo:

 

  • Ops Mps-Mediobanca: cosa è successo
  • La quota da raggiungere
  • Dal governo a Caltagirone: le posizioni sull’ops Mps-Mediobanca
  • Il 21 agosto il test decisivo

 

Ops Mps-Mediobanca: cosa è successo

Secondo quanto ricostruito da Il Sole 24 Ore ed Mf, l’accelerazione di Mps sarebbe attribuibile in particolar modo al maggior azionista di Mediobanca: Delfin. La holding lussemburghese della famiglia Del Vecchio avrebbe infatti deciso di consegnare una parte della propria quota (pari al 19,8% del capitale di Piazzetta Cuccia). Ma il 13,5% raccolto lascia presumere anche altri contributi, forse da parte di investitori istituzionali o di altri soci.

Francesco Gaetano Caltagirone dovrebbe essere escluso. Qualche dubbio rimane invece intorno a Edizione, la holding della famiglia Benetton (che possiede il 2,2%). Tuttavia bisogna ricordare che da Ponzano Veneto hanno sempre ribadito la natura puramente finanziaria della partecipazione e la disponibilità a muoversi solo in caso di rilancio. 

 

La quota da raggiungere

Entrando nel dettaglio dell’ops, l’a.d. di Mps Lovaglio ha più volte ammesso che la soglia ideale da raggiungere per il pieno controllo di Mediobanca è il 66,6%. Esprimendo, peraltro, tanta fiducia sull’operazione. “Siamo convinti che supereremo il 66%. Non ci sono ragioni per le quali gli azionisti non partecipino”, ha dichiarato a metà luglio in un’intervista a Bloomberg Tv. Il numero uno di Siena ha comunque ammesso che per questioni tecniche “abbiamo indicato anche il 35%”. 

La differenza non è solo aritmetica. Con il 35% e una partecipazione assembleare tipicamente attorno al 70-75%, Siena potrebbe comunque esercitare un’influenza dominante, condizionando le scelte di governance e tentando già in autunno di ribaltare il consiglio di amministrazione di Mediobanca. Tra il 35% e il 50% la presa diventerebbe ancora più solida, mentre con i due terzi Lovaglio avrebbe la possibilità di ridisegnare completamente la banca di Nagel e di integrarla nei piani di rilancio del Monte.

Il nodo centrale resta quello del concambio. L’offerta, partita il 14 luglio, continua infatti a scontare circa il 2-3% rispetto ai prezzi di mercato, equivalenti a circa 500 milioni di euro da mettere sul piatto per pareggiare i valori. Gli investitori istituzionali, non a caso, attendono un rilancio che Lovaglio non ha mai escluso. Lo stesso Francesco Milleri, presidente di Delfin, ha segnalato nelle scorse settimane che l’ops sarebbe diventata più appetibile con un adeguamento del prezzo. 

 

Dal governo a Caltagirone: le posizioni sull’ops Mps-Mediobanca

Soffermandosi sugli schieramenti in campo, sono soprattutto tre gli attori favorevoli all’ops di Mps su Mediobanca e sul conseguente addio di Alberto Nagel. Oltre alla holding della famiglia Benetton, non si può non citare Francesco Gaetano Caltagirone che possiede sia il 9,9% in Mediobanca che in Mps. Anche se non ha ancora consegnato i titoli, l’imprenditore romano si è espresso favorevolmente verso l’operazione. Peraltro, non vanno dimenticati i suoi recenti attriti con Piazzetta Cuccia. Caltagirone, infatti, ha più volte criticato la gestione di Nagel, soprattutto sul dossier Generali, lamentando scarsa trasparenza e un approccio penalizzante per gli azionisti di minoranza. Inoltre, nelle ultime settimane ha ribadito la necessità di maggiore chiarezza anche sulla proposta di acquisizione di Banca Generali da parte di Mediobanca, considerata una mossa difensiva più che una strategia di sviluppo.

Sul fronte politico, il governo osserva da vicino la partita. Palazzo Chigi ha più volte fatto sapere di guardare con favore a un consolidamento del sistema bancario che rafforzi Siena e dia una prospettiva alla progressiva dismissione della partecipazione statale nel Monte. Non bisogna dimenticare, infatti, che lo scorso novembre il Tesoro ha venduto il 15% della banca senese per circa 1,1 miliardi di euro. Cessione, peraltro, che è finita nel mirino della Procura di Milano. C’è l’ombra infatti del mancato rispetto delle regole della trasparenza e di turbative dell’equilibrio di mercato, a cui si aggiungerebbero anche reati finanziari più gravi come l’aggiotaggio.

 

Il 21 agosto il test decisivo

In questa direzione, l’assemblea del 21 agosto di Mediobanca per l’ops su Banca Generali diventa un banco di prova cruciale. Per avere chance concrete Nagel deve puntare a un’affluenza superiore al 75%. Tuttavia qualora Delfin, Edizione, Amundi, i fondi di Anima, Cassa Forense, Enpam (1,98% e Caltagirone (9,9%), decidessero di seguire insieme la strada dei contrari o degli astenuti raggiungerebbero la quota del 36,6% e l’affluenza rimarrebbe sotto il 74%.

Un ruolo chiave spetta quindi alle casse previdenziali e a Enasarco in particolare, salita al 2,52% con acquisti progressivi finanziati dalla cessione di quote in Banco Bpm, Intesa e Mps. Se a giugno il comitato investimenti aveva suggerito di appoggiare l’operazione Banca Generali, oggi la posizione resta incerta. In bilico c’è anche Unicredit, che detiene circa l’1,9% direttamente. Le mosse di Andrea Orcel potrebbero spostare gli equilibri: se a giugno si era schierato sul fronte del no, in chiave politica per guadagnare credito con il governo sul dossier Banco Bpm, oggi lo scenario potrebbe essere cambiato dopo lo scontro con Palazzo Chigi sul golden power e il ritiro dell’ops su Piazza Meda. 

Ovviamente, resta aperta la possibilità di un rilancio. Con un eccesso di capitale di 2,8 miliardi, Mps avrebbe le risorse per migliorare l’offerta da 13,3 miliardi. Lo sconto implicito nel concambio si è già ridotto al 2,9% e un ulteriore premio del 10%, in linea con le ultime operazioni bancarie, richiederebbe un impegno complessivo di 2,2 miliardi.

AUTORE

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Massimiliano Carrà

Classe 1994 e laureato in scienze della comunicazione a Palermo (sua città natale), si è specializzato a Milano sostenendo un Master in Radio e New Media Management & Content al Sole 24 Ore. Iscritto dal 2020 all'Ordine dei Giornalisti pubblicisti, dopo le esperienze in Radio 24, Class Editori, Money.it, Forbes Italia e Il Giornale è entrato nel 2025 in Borsa&Finanza, dove si occupa di approfondimenti macro-economici, startup, interviste e imprenditoria. Ama lo sport, la letteratura, il cinema e il mare. Gli piace visitare posti nuovi e scoprire nuove culture.

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